Ancora oggi è importante precisare il significato di due parole che sovente vengono confuse dal board aziendale, dai manager, dai creativi, dai pubblicitari o dai marketer: emozione e sentimento.
In breve potremmo dire che le emozioni sono stati biologici associati al sistema nervoso.

In psicologia il sentimento è quello stato d’animo o quella condizione cognitivo-affettiva che dura più a lungo delle emozioni e che presenta una minore incisività rispetto alle passioni. Infatti, il termine deriva dal latino sentire, percepire con i sensi. Per sentimento quindi si può intendere genericamente ogni forma di affetto: sia quello soggettivo, cioè riguardante l’intimo della propria individuale affettività, sia quello rivolto al mondo esterno.

Questa confusione deriva da ricordi di studi filosofici. Blaise Pascal (1623-1662) chiamava il sentimento, sentire del cuore, e per lui esprimeva una vera e propria facoltà conoscitiva distinta e in un certo modo superiore sia alla semplice percezione sensibile che alla razionalità. Infatti, per lui il sentimento era in grado di cogliere intuitivamente il tempo, lo spazio, il movimento, i numeri, cioè le fondamenta stesse dell’attività razionale e logica-matematica.

Sentimenti VS emozioni: qual è il concetto più corretto per il neuromarketing?

Probabilmente ancora oggi c’è confusione tra emozioni e sentimenti, poiché nella pratica proviamo entrambi i fenomeni all’unisono.

Nella creatività e nel marketing si usano i sentimenti o le emozioni?
Le emozioni, sembra ombra di dubbio.

Le emozioni sono esperienze sostanzialmente fugaci e più o meno coscienti, caratterizzate da un’intensa attività mentale che procura un alto grado di piacere o dispiacere. Tutti sperimentiamo le emozioni, ma non tutti siamo capaci di riconoscerle e gestirle.
Avrai incontrato anche tu persone che hanno una conoscenza emotiva molto limitata di se stesse, e anche se sperimentano numerose emozioni, non sono in grado di riconoscerle con precisione. Io li chiamo i pressappochisti delle emozioni. Le chiamano tutte con lo stesso nome. Il problema è che non sapere quali emozioni stiamo provando ci impedisce anche di riconoscerle e soprattutto dirigerle nel modo più appropriato.

Esistono 5 principali differenze tra emozioni e sentimenti:

  1. l’ordine di comparsa: i sentimenti sono il risultato delle emozioni, così che di solito queste li precedono;
  2. l’intensità: le emozioni sono più vigorose, in alcuni casi virulente, rispetto ai sentimenti poiché il loro obiettivo principale è di predisporci all’azione. I sentimenti sottostanno a complessi processi di valutazione che ne tolgono l’intensità;
  3. la durata: le emozioni sono stati transitori che si manifestano e svaniscono in tempi relativamente brevi. I sentimenti, d’altra parte, essendo degli stati affettivi sono più stabili nel tempo;
  4. il livello di elaborazione: le emozioni nascono e si sviluppano inconsciamente generando una risposta quasi immediata, mentre i sentimenti richiedendo più tempo per la loro formazione, vengono elaborati dal cervello in modo consapevole;
  5. il grado di regolazione: le emozioni sono stati affettivi faticosi da controllare perché generano reazioni psicofisiologiche automatiche, quindi involontarie. I sentimenti, al contrario, possono essere gestiti meglio nel tempo, cercando delle strategie per esprimerli e viverli in modo più assertivo.

QUANTE EMOZIONI CI SONO?

Le neuroscienze hanno definito con un consenso generale che esistono sei tipi di emozioni di base:
1. paura,
2. rabbia,
3. disgusto,
4. tristezza,
5. sorpresa,
6. gioia.


Pertanto, le emozioni di base sono semplicemente il fondamento su cui costruire i sentimenti o emozioni più complesse che derivano dalle nostre esperienze.

Le parole che usiamo per descrivere le nostre emozioni influenzano il modo in cui ci sentiamo, dice la storica Tiffany Watt Smith, e sono spesso cambiate (a volte in modo molto drammatico) in risposta a nuove aspettative e idee culturali. Prendiamo ad esempio la nostalgia: definita per la prima volta nel 1688 come una malattia e considerata mortale, oggi è vista come una malattia molto meno grave. In questo speech tenuto al TEDX in Germania nel 2017 da Tiffany Watt Smith ci racconta la storia delle emozioni, sostenendo che si impara molto da come usiamo il linguaggioper descrivere come ci sentiamo, illustrando le continue evoluzioni e la nascita di nuove parole usate in culture diverse per catturare quei sentimenti fugaci nelle parole.

QUANTI SENTIMENTI CI SONO?

Ne sono riuscito a individuare un gran numero e alcuni li elenco qui: abbandono, abbattimento psicologico, affetto, agitazione, allegria, amarezza, amicizia, amicizia fraterna, ammirazione, amore, amore a prima vista, amore altruistico, amore intenso, amore platonico, amore romantico, amore sensuale, amore trascendentale, angoscia, angustia, ansia, antipatia, appagamento, apprensione, autostima, avversione, avversione istintiva, avvilimento, benevolenza, calma, certezza, clemenza, collera, commozione, compassione, confusione, consapevolezza, considerazione di sé, contentezza, costrizione psicologica, cruccio, delirio, delusione, depressione, devozione, diffidenza, dignità, disaccordo, disperazione, dispiacere, disprezzo, dissenso, dolore, dubbio, eccitazione, entusiasmo, estasi, euforia, fede, feeling, felicità, fiducia, fierezza, fifa, filantropia, fissazione, fobia, fraternità, frustrazione, furia, gelosia, gradimento, gratificazione, gratitudine, ilarità, imbarazzo, imperturbabilità, incertezza, indifferenza, indignazione, ingratitudine, inquietudine, inquietudine angosciosa, insensibilità, insicurezza, invidia, ira, irrequietezza, isolamento, ispirazione, lutto, magnanimità, malevolenza, malinconia, meraviglia, misandria, misantropia, misericordia, misoginia, nausea, nervosismo, noia, nostalgia, nostalgico rimpianto, odio, offesa, onore, orgoglio, orrore, ossessione, ostilità, passione, paura incontrollabile, paura irrazionale, pentimento, perdono, piacere, pietà, preoccupazione, prostrazione, quiete, rammarico, rancore, rassegnazione, repulsione, riconoscenza, rimorso, rimpianto, rinuncia, risentimento, rispetto, rispetto di sé, sconforto, senso di colpa, senso di pace, serenità, sfiducia, simpatia, soddisfazione, sofferenza, solidarietà, solitudine, spensieratezza, speranza, stima, struggimento, stupore, tensione, terrore, timore, tranquillità, vendetta, vergogna.
Sicuramente ce ne sono altri, ma questi mi sembrano già un elenco sufficiente per poterti sbizzarrire nella tua creatività.

Quindi il problema rimane perché ognuno di noi chiama le emozioni con nomi diversi dato che sono la razionalizzazione linguistica di un dato del nostro cervello.
E soprattutto confondiamo le emozioni con i sentimenti.

La percezione del mondo fisico come ben sappiamo non si traduce necessariamente in una reazione universale tra gli individui, ma varia a seconda della tendenza della persona a gestire la situazione, di come la situazione si collega alle sue esperienze passate e di un numero indefinito di altre variabili. Quindi potremmo dire che le persone, pur vivendo le medesime emozioni, coltivano poi sentimenti diversi.

CONCLUSIONE

I brand sperano che i consumatori acquistino i prodotti guidati da un’emozione ma nella speranza che vi attribuiscano un sentimento positivo e duraturo.
Così lo storytelling, il content marketing, la creatività, i funnel e tutte le possibili tecniche e strategie del neurobranding vanno a innescare un’emozione che ha però come obiettivo la sedimentazione e la memorizzazione di un sentimento.